Il tuo giudizio non mi ferisce più.

Il processo di socializzazione, nella prima infanzia, avviene grazie a una continua e costante interazione con le persone e l'ambiente.

Attorno ai 24 mesi il bambino ha già acquisito tecniche sociali che saranno la base dei successivi inserimenti con il mondo dei pari e degli adulti. 

Tra gli apprendimenti che accompagneranno la loro crescita vi sono:

·       l'eliminazione o il contenimento di comportamenti «negativi»,

·       il riconoscimento delle emozioni,

·       il controllo dell'aggressività,

·       la distinzione tra ciò che è reale e ciò che è concreto,

·       le regole per la condivisione di spazi sociali.

 

Le figure adulte di riferimento sono parte integrante di questo percorso, il loro giudizio, l'arma o la risorsa migliori. Se ci avranno detto o dimostrato che siamo bambine e bambini «speciali», unici, accettabili e degni amore, saremo in grado di affrontare il mondo con un bagaglio di autostima sufficientemente valido. 

Se invece saremo state vittime di figure severe, anaffettive, contraddittorie, scarsamente empatiche e poco inclini al confronto, avremo serie possibilità di incappare da adulti in difficoltà difficili da superare.

Al di là delle responsabilità genitoriali e delle figure di caregiver, aver avuto attorno a noi, in un periodo importante della nostra crescita, persone sminuenti non significa essere condannati a una vita senza autostima. Un modo per tentare di uscirne è riconoscere quel contesto educativo che non ci ha aiutati e la nostra eccessiva sensibilità alla critica.

Il mondo è pieno di persone che si sentono viste, vive e realizzate solo sminuendo l'altro.

Ovviamente hanno i loro vissuti che li ha portati a relazionarsi in un modo così particolare, ma questo non dovrebbe metterli nelle condizioni di nuocerci più di tanto.

Proviamo a chiederci quale sia la nostra reazione di fronte a frasi come:

«Ancora una volta non hai capito niente!»

«Ti accontenti di poco, non sai cosa sia l'ambizione.»

«Quando ti ho conosciuto, pensavo avresti fatto grandi cose e invece...»

O peggio ancora:

«Sei un fallito proprio come...»

L'adulto allora rivivrà e troverà conferma a quei giudizi ricevuti nell'infanzia, lasciando ampio spazio di condizionamento alla critica. Ma la critica riesce a farci male solamente se colpisce quel bambino a cui nessuno ha detto con sufficiente convinzione: tu vali!

Come si faceva allora, feriti, da un giudizio che non comprendevamo, ci si chiude nel proprio senso di inefficacia, ci si sente, a seconda dei casi e di chi ci ha contestai, inadatti, feriti, delusi, addolorati, ma sempre profondamente soli.  

Trovare un sostegno per ritrovare un equilibrio può essere un modo per recuperare il meritato valore di se stessi. E nel caso sia difficile stare con chi invece di autostima pensiamo ne abbia molta, non dimentichiamo che anche in questo caso esiste il rovescio della medaglia: l'autostima ipertrofica.

Chi ne è affetto è certo di essere sempre nel giusto, così sicuro di sé da perdere di vista chi ha di fronte, anche perennemente in balia di disprezzo e presunzione.