Il senso di colpa: un faticoso compagno di viaggio

Sorvolando sulle varie definizioni usate per definirlo, ciò che è importante rilevare è che con la sensazione di aver fatto qualcosa di male o che avremmo potuto evitare di fare, ci conviviamo tutti.

Se da un lato sentirsi in colpa ha una sua utilità (scatta anche come conseguenza a un gesto con il quale si è andati contro la legge e la morale e quindi riveste un ruolo di 'controllo' sociale) dall'altro è una sensazione che, come dicono Giusti e Bucciarelli, «(...) ci logora, ci rende sciocchi, ci fa apparire inferiori agli occhi degli altri, consuma l'autostima e la sicurezza in sé stessi. (...) Limita le idee creative, i sentimenti e le forze, determinando così degli eterni perdenti.»

Il senso di colpa spesso ha qualcosa a che vedere con le nostre paure e con l'immagine che esternamente abbiamo dato o diamo di noi. Partendo da questo è possibile cercare di comprendere quali siano le motivazioni personali che spingono qualcuno a convivere con questo peso.

L'educazione ricevuta ha un ruolo importante. Percepire in modo distorto il proprio comportamento può essere la conseguenza di introiezioni (processo mediante il quale si fanno nostri atteggiamenti, giudizi e pensieri di altri) legate alle figure di accudimento, di quelle persone cioè che nei primissimi anni della nostra vita, ci hanno «educato».

Se il loro modello è stato rigido, denso di doveri, ipercritico di fronte non solo ai nostri errori ma soprattutto ai tentativi del tutto fisiologici dei bambini, di stabilire i propri confini, è probabile che avranno contribuito a convincerci che sia un nostro preciso dovere inseguire la perfezione, alimentando un sé ideale irrealizzabile.

Questo ci costringerà a vivere la sensazione di essere inadeguati, fallibili, fragili, non all'altezza delle situazioni e delle aspettative.

Oltre a minare, quindi, la nostra autostima, il senso di colpa ci mette in difficoltà anche nel gestire le relazioni.

Sentirsi in colpa ci pone alla mercé dell'altro, che approfittandone tenderà a manipolarci. Quale esempio?

«Dopo tutto quello che ho fatto per te, preferisci andare a teatro invece che ...»

«Vuoi cambiare lavoro? Andare in un'altra città? Fallo pure ma sappi che mi lascerai sola...»

«Non puoi fare solo sempre quello che vuoi tu, così mi farai morire di crepacuore...»

«So io quello che è giusto per te, io che ti sono sempre stato vicino...»

In realtà chi solitamente pronuncia queste parole sono persone che di amore, rispetto, accettazione, hanno pochissima esperienza, sono quelle che da sempre tendono a trovare la colpa e la responsabilità di quanto accade negli altri, facendo leva proprio su quel senso di colpa, che ci fa credere, temere, di essere delle persone egoiste, non riconoscenti, ingiuste e colpevoli.

In questo modo, per non provare un sentimento che fa male, si cede al ricatto correndo però il rischio di fare scelte che non ci appartengono nel profondo.

Per uscirne, o tentare di farlo può essere utile smascherare o portare alla consapevolezza quali sono i meccanismi che ci fanno sentire «sbagliati», indegni, colpevoli e tentare di arginare quel malessere che ci condiziona.