La fatica di essere come gli altri ci vogliono.

Fu Winnicott, pediatra e psicanalista inglese a ipotizzare prima e dimostrare dopo il significato e le conseguenze per un bambino quando è costretto ad «adattarsi» alle richieste dell’altro per diventare come gli viene chiesto di essere.

Si tratta di una situazione che, sebbene si formi e trovi basi solide per accrescere nell’infanzia, ci condiziona a tal punto da esprimersi nell’età adulta condizionando il modo di essere, di porsi, di comportarsi, di sentirci.

Il faticoso adattamento preteso diviene il motivo per cui il bambino, di fronte alle cure inadeguate di una madre che non risponde ai suoi bisogni (alimentandolo, consolandolo…), perde il contatto con essi, adattandosi alle aspettative genitoriali ma rinnegando le sue necessità.

Questo lo porterà ad adattare la propria volontà, sacrificando aspettative e desideri, nella costante quanto vana ricerca di una approvazione «dell’altro» fino a creare quello che l’autore ha definito: un Falso Sé.

In pratica il bambino diventa quello che la madre ( o altre figure di accudimento) vuole che sia abituandosi a ingraziare la persona o le persone con cui costruisce (o tenta di farlo) delle relazioni significative. 

Proprio come in una fiaba, però, trascorrono gli anni e il bambino diventa prima un adolescente e poi un adulto, abituato ormai a:

  • non ascoltare i suoi desideri,
  • fare quello che gli altri si aspettano che lui faccia,
  • lasciandosi condizionare dall’approvazione sociale (di cui non riesce più a fare a meno)
  • muovendosi in una realtà che nulla ha a che vedere con il suo Essere autentico. 

Ricacciato il suo Vero Sé, per sopravvivere, non gli resta che indossare la maschera più opportuna e vivere «recitando» la parte che gli è stata assegnata.

Può capitare all'ora, all'improvviso o lentamente che il Vero Sé trovi la strada per «emergere dal silenzio nel quale lo avevamo condannato» e che ciò che facciamo, il modo in cui viviamo o stiamo con gli altri, ci appaia estraneo, inutile, senza senso, perché non siamo e non facciamo ciò che vorremmo e essere e fare. 

Può essere la sensazione di un attimo, di un giorno, di una intera vita.

Per comprendere ciò che ci sta accadendo, occorre scoprire cosa autenticamente siamo e proviamo rispetto ai bisogni e ai desideri.

Per dare voce a quel Sé tacitato per anni e a quel bambino che non è stato ascoltato e accolto come avrebbe dovuto, occorre «incontrarlo» attraverso un percorso che conduca a una buona conoscenza e consapevolezza di Sé.

Occorre riconoscere che lo abbiamo messo a tacere per tenerlo alla larga dalla manipolazione genitoriale, per dargli la possibilità, quando saremmo stati adulti, di dire e chiedere le cose che ci impedivano di dire e chiedere.

Così degli ingegneri di successo potrebbero scoprire che avrebbero voluto fare i meccanici, e alcuni impiegati avrebbero voluto essere pittori.

Essere autentici, liberarsi dalla Maschere, scoprire le proprie Ombre, non ha nulla a che vedere con l'essere sinceri.

Significa rientrare in contatto con una parte infantile importante per ognuno di noi.

Essere consapevoli, imparare a ricercare la consapevolezza significa entrare in contatto con i nostri sentimenti, con i bisogni inappagati, con i desideri mai espressi.

Da soli o con l'aiuto di qualcuno, intraprendere un viaggio dentro di Sé è una bella sfida che può riaccendere paure, dare voce alle insicurezze.

Tuttavia, come disse Donald Winnicott: «É un piacere mantenere i propri segreti, ma che tragedia non venire scoperti!'»