Possiamo amare, possiamo essere amati.

Alcune persone si sentono sole, non apprezzate, non amate.

Conducono un'esistenza vincolata alla possibilità che presto o tardi qualcuno si accorga di loro e lo faccia colmando i vuoti del passato, soddisfacendo i bisogni del presente, nella speranza che vecchie e doloranti ferite, siano miracolosamente sanate dalle attenzioni e dalla presenza dell’altro.

In realtà è raro che ci siano individui che 'realmente' non siano mai stati 'contattati' dall'amore mentre sono molti quelli che non sono stati in grado di riconoscerlo oppure ne hanno «preso le distanze» spaventati o condizionati da esperienze precedenti.

L'amore e la capacità di provarlo per sé e per altri, hanno origini profonde.

Incomincia quando madre e figlio/a si incontrano, quando per la prima volta sono uno di fronte all’altro, quando i loro sguardi si incrociano e le mani si intrecciano.

Le emozioni che il bambino «respirerà», il modo in cui mamma e papà si prenderanno cura di lui, consentendo di esplorare il mondo (lasciando che faccia le sue esperienze), come saranno presenti dinnanzi alle sue richieste e ai suoi «fallimenti», gli mostrerà e gli farà sentire se e quando potrà sentirsi amato.

Come questo condiziona il nostro riuscire a volere bene e a ridurre il rischio di innamorarci della persona sbagliata?

Perché da adulti tenderemo a ricercare nell’altro quelle caratteristiche (negative o positive) che hanno costellato la nostra infanzia, con il rischio di compiere scelte sentimentali sbagliate o inadatte a noi.

In questo caso incontrare qualcuno che ci dice: «Ti voglio bene» anziché farci apprezzare la situazione, fa scattare in noi ricordi e timori che sollecitano risposte disadattive e poco funzionali a accogliere il «rischio» di amare e di essere amati.

Presi dal bisogno di conferma delle nostre teorie («non valiamo a sufficienza per piacere ad altri») finiamo col giudicare, minimizzare, disconoscere l'autenticità del sentimento altrui o di circondarci di persone auto-confermanti la nostra teoria.

Viviamo allora di sfiducia, mettiamo in discussione l'apprezzamento degli altri, idealizziamo il concetto di amore (e conseguentemente di partner) al punto da rimanere su standard irrealizzabili.  

Ripetersi che non si avranno mai occasioni di amare e di essere amati è un atteggiamento passivo che ci allontana dalla possibilità di muoversi verso relazioni potenzialmente positive.

Ci separa dall'ascolto dei bisogni, ci immobilizza nella conferma che non valiamo. 

In realtà quello che perdiamo di vista è che nessuno può amarci se non siamo noi, per primi, ad amare noi stessi.