Nessuno vive bene da solo. Salvo gli eremiti che per scelta e non per costrizione, prediligono il rapporto con sé stessi e affidano quello con gli altri ad un'altra dimensione. La maggior parte di noi invece ha bisogno di sentirsi ed essere parte di qualcosa: di una famiglia, di una relazione, di un gruppo, sia esso di lavoro o di amici. Non esserlo aumenta la percezione di solitudine. Il rifiuto degli altri spaventa, ferisce, rende più fragili. Senza riconoscimenti esterni però l'autostima vacilla, il bisogno di legame aumenta, i tentativi per ottenerlo, se falliscono, ci gettano in una condizione emotiva in cui accettare o comprendere il «rifiuto» dell'altro diviene impossibile. In realtà non tutte le volte che ci sentiamo rifiutati lo siamo stati realmente. Quello che condiziona la percezione di alcuni eventi è l'esperienza passata. Il rifiuto è legato il giudizio. Un giudizio negativo, secondo alcuni, genera il rifiuto. Non essere accettati dunque, equivale al non sentirsi amati. E non meritare amore significa non essere accolti nella richiesta del soddisfacimento di uno dei bisogni fondamentali dell'uomo. Per interrompere la reiterazione di pensieri e comportamenti rafforzanti la percezione del rifiuto e l'incapacità di gestirne le conseguenze, è utile esplorare, consapevolizzare e riconoscere quelle situazioni in cui: