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I bambini aggressivi

2024-02-09 07:48

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I bambini aggressivi

Capita che i bambini e gliadolescenti, sebbene con modalità diverse, attivino delle forme dicomunicazioni aggressive o per lo meno definite tali dagli adul

Capita che i bambini e gli adolescenti, sebbene con modalità diverse, attivino delle forme di comunicazioni aggressive o per lo meno definite tali dagli adulti con i quali si relazionano.


Una «etichetta» elargita a volte con troppa facilità perché definire il comportamento aggressivo non è affatto semplice e il giudizio risente dei vissuti di chi lo osserva spingendolo verso considerazioni inappropriate, ma soprattutto inutili.


Tendiamo, per esempio, a definire aggressivo chi usa le mani, mentre sottovalutiamo quelle forme di aggressività «delicate», subdole e oblique capaci di creare un disagio anche maggiore di una sberla data in piena faccia.


Due elementi presenti e reiterati, nei comportamenti aggressivi, sono l’intento di far male all'altro e il successo nel farlo, il danno.


Ma poiché l’adulto tende a classificare come aggressivi anche alcuni comportamenti dei bambini vediamo come si sviluppa e si presenta l’aggressività nella prima infanzia partendo da una considerazione importante: alla sua base nella maggior parte dei casi c’è la frustrazione.


A partire dai primi mesi di vita (al 4°, 5° mese) il piccolo è in grado di percepire la rabbia e percependola tenta di comunicarla identificando l’oggetto che l’ha causata, spesso la madre. Attorno all'anno (ricordo che ogni bambino ha i suoi tempi) acquisisce la capacità di individuare chi realmente causa quell'emozione: un giocattolo che non «fa» ciò che si vorrebbe, la mamma che si allontana, il compagno di asilo che «ruba» il suo gioco.


Nel secondo anno, la frustrazione e la rabbia sono prevalentemente suscitate dalla relazione con i pari e il bambino inizia a sperimentare modalità più efficaci di comunicazione: se Tizio mi ha «rubato» il gioco, non solo me lo riprendo, ma gli do anche uno spintone e lo faccio con un duplice intento: evitare che Tizio ci riprovi e fargli male. È solo con l’acquisizione di un linguaggio più elaborato e con nuove competenze cognitive che, attorno ai 4 anni, il bambino sostituisce «le mani» con le parole.


Nell'età scolare (dai 6 anni in su) l’esternazione della rabbia, trova a seconda delle esperienze fatte, dei contesti sociali frequentati, dei modelli osservati forme differenti di espressione che possono sfociare in atteggiamenti particolarmente cruenti e disadattivi (bullismo) fino a trasformarsi nell'adolescenza in elevati livelli di aggressività.


Maschi e femmine sono diversamente aggressivi. I primi minacciano e picchiano, le seconde «prendono in giro», «parlano dietro», escludono.


Occorrerebbe quindi decifrare e comprendere, a seconda dell’età del bambino, cosa attraverso ciò che per noi è «aggressivo», vuole comunicare.


Non dovremmo giudicare la sberla data al nonno, al papà, al cugino (se si tratta di un bambino in età prescolare), come un gesto di cattiveria o maleducazione, ma aiutarlo a esprimere la rabbia e la frustrazione che l’ha provocato, con serenità e pazienza.




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